Howl – recensione

Howl - recensione

Quando, nel 1956, il giovane poeta Allen Ginsberg pubblicò la sua prima raccolta, intitolata per l’appunto Howl and other poems, fu subito gridato allo scandalo.
I suoi contenuti spregiudicati e ribelli, al limite del pudore, sconvolsero l’opinione pubblica americana fino a sfociare in un processo vero e proprio.

Il film di Rob Epstein e Jeffrey Friedman si propone come una cinematografica declamazione del poema, supportata da immagini animate che esprimono graficamente il significato dei versi.

A ciò sono affiancate brevi sequenze del processo alternate ad un’intervista al protagonista Allen Ginsberg, interpretato da un intellettualissimo James Franco.
L’intervista mostra sempre e solo l’attore, sia quando dà le risposte che durante le domande, mentre del giornalista conosciamo solo la voce fuori campo, in quanto la sua persona non ci viene mai mostrata.

Questo tende a conferire al film un certo immobilismo, che pervade un po’ tutta la pellicola, molto più simile ad un documentario che ad un film vero e proprio; ciò viene ulteriormente enfatizzato dal fatto che in Italia è pervenuto in lingua originale sottotitolato, espediente che ha sì permesso di mantenere un discreto realismo ma che inevitabilmente ha sacrificato la full-immersion dello spettatore, troppo occupato a leggere i sottotitoli per abbandonarsi alla storia, già lenta e prolissa di suo.

Il poema, non sempre comprensibile per via delle forti quanto astruse immagini alle quali fa ricorso, rispecchia di fatto lo spirito ribelle della beat-generation, ma non arriva a legare col pensiero odierno, troppo semplicistico e superficiale per essere espresso dalla poesia.
Per questo il film, la cui uscita è prevista per il 27 agosto 2010, finisce per classificarsi più che altro come un semplice documentario rievocativo, in grado sì di celebrare la figura di un poeta praticamente sconosciuto alle nuove generazioni, ma non certo di farlo sentire attuale.