“Avatar”: anello di congiunzione fra passato e futuro del cinema

"Avatar": anello di congiunzione fra passato e futuro del cinema

Partiamo da un presupposto: ci deve pur essere una ragione se Steven Spielberg, Peter Jackson e Steven Soderbergh hanno fatto visita al quartier generale di James Cameron e sono rimasti a bocca aperta, tant’è che i primi due utilizzeranno la stessa tecnologia 3d per la trasposizione cinematografica del cartone francese “Tin Tin“.

Avatar” dunque come punto di rottura con il cinema tradizionale ma nel segno della continuità, data dal soggetto non proprio originale ma non per questo ben articolato. Mettendo per un attimo da parte la svolta ipertecnologica del film, siamo di fronte ad una storia d’amore nel bel mezzo dello scontro tra due civiltà(ed un rimando all’epico “Balla coi lupi” è d’obbligo), in cui l’eroe, in tutta la sua fragilità, è chiamato ad una scelta.



L’eroe dunque, nel caso l’astro nascente Sam Worthington(“Terminator Salvation”) che nel film interpreta l’ex marine paraplegico Jake Sully, inviato sul pianeta Pandora nel corpo di un Avatar, un mix di dna umano e Nav’vi, popolazione del pianeta Pandora, per colonizzare il pianeta. Ma la pacifica popolazione autoctona si ribellerà…

James Cameron torna dopo oltre tredici anni dalla notte degli oscar dove fece incetta di statuette per “Titanic” con un progetto a dir poco ambizioso, nato da uno script datato 1995, alimentato dall’esperienza delle riprese negli abissi di Titanic, dallo sviluppo di una innovativa telecamera 3d e dal genio del regista.

Anni passati a presentare bozzetti e screen play, a creare un altro mondo abitato da figure fantastiche, nato dall’incrocio con specie terrestri, un pianeta dalle tonalità accese del blu e del viola. E ancora, lo sviluppo di un programma capace di esasperare l’uso del motion capture e di elaborarlo. Cameron difatti può modificare anche la recitazione degli attori in fase di post produzione. Un domani in cui potranno recitare fianco a fianco Steve McQueen e Russel Crowe, Marlon Brando e George Clooney non è così lontano.

Emanuele Zambon