The Green Hornet, recensione

The Green Hornet, recensione

Britt Reid è il figlio inetto e debosciato del dello stimato giornalista e padrone del The Daily Sentinel, che non ha nesun interesse nel seguire le orme del padre.
Un giorno il padre muore e lei eredita così il giornale scoprendo per caso le doti eccezionali di Kato, l’autista del padre.
Grazie all’aiuto di quest’ultimo diventa Reid diventa the Green Hornet e lotterà contro la malavita della città e contro il malvagio Chudnofsky, scoprendo alcuni retroscena oscuri del padre.
Green Hornet nasce nel 1936 e approda nelle case americane attraverso i racconti radiofonici di Al Hodge.
Di giorno editore e di sera supereroe, riprende in tutto e per tutto Superman che però venne creato successivamente nel 1938, il personaggio è apparso sia nei fumetti che nei serial tv e oggi approda sul grande schermo diretto da Michael Gondry.



Il progetto per la realizzazione del film inizia nel 1997 e, finalmente, dopo 13 anni il regista è riuscito a portarlo al cinema.
In questo film è curiosa la netta contrapposizione di vedute del regista e del protagonista che sembrano descrivere due pellicole alternative in cui da una parte, c’è l’intento di Gondry di realizzare un film d’azione in 3D pieno zeppo di scene spettacolari, mentre dall’altro un protagonista che si confronta con le dinamiche dei vari personaggi.
Non vi è un centro effettivo nella pellicola tanto da creare un caos che non riesce a sviluppare la trama in modo lineare e l’attore protagonista, Christoph Waltz, incarna un personaggio privo di carisma e stile.
Il film nel complesso non entusiasma anche perchè il protagonista fa rimpinagere supereroi più famosi di lui.